Lavorava come manovale in uno dei tanti cantieri edili sparsi per la nostra penisola, aveva da pochi mesi raggiunto il 17 anno di età, L. C. non amava andare a scuola.
Nel suo mezzogiorno purtroppo, trovare un lavoro,specie se in regola, è un’impresa, ma L.C. per non pesare sulla famiglia, aveva scelto di lavorare accettando un lavoro a nero come manovale. Lo hanno trovato morto, ai piedi di una impalcatura forse caduto dalla stessa, l’unica certezza è che a quella età i ragazzi vanno a scuola.
Alle autorità che li hanno ascoltati, i muratori hanno riferito di non aver mai visto quel ragazzo nel cantiere, di non conoscerlo. Ma allora cosa faceva un ragazzo di 17 anni con mani e viso sporche di cemento in quel cantiere? E poi perché i familiari e gli amici sapevano che lavorava in un cantiere, a nero, come manovale?
Ogni giorno nel mondo si consumano numerose tragedie sul lavoro con conseguenze spesso mortali o causa di seri infortuni che segnano per sempre la vita di una persona e della sua famiglia. Il settore maggiormente a rischio rimane sicuramente l’edilizia. Oggi più che mai dobbiamo riappropriarci dei valori della festa del 1 maggio, “la festa del lavoro” e ricordarci che nel 2011 è aumenta la disoccupazione giovanile che spesso diventa causa di un precariato senza regole e diritti. Pur di contribuire al sostentamento della famiglia una persona, soprattutto nel mezzogiorno è costretta ad accettare qualsiasi condizione di lavoro, così il sogno di avere un lavoro sicuro e soddisfacente, una chance per la propria vita, si arena in un sistema senza regole. La mancanza di lavoro diventa quindi penalizzante perché determina i destini e i percorsi di vita delle persone.
Purtroppo in queste società moderne la mancanza di lavoro si fa sentire e viene vissuta dalle persone come un problema di giustizia sociale nella distribuzione e redistribuzione delle risorse e dunque come un problema di lotte sociali, soprattutto da parte di chi è già sfavorito come le donne e i giovani. Questo capitalismo sfrenato, insieme alla globalizzazione, sta producendo la fine della società del lavoro. Infatti la mancanza di regole che tuteli il consumatore e il lavoratore e che ha portato al collasso le borse e al fallimento alcune banche, ha messo in evidenza i vizi di questo capitalismo moderno, pensato e immaginato per tutelare i capitali e non le famiglie e pensato soprattutto per modificare il rapporto di lavoro che deve essere flessibile, precario, a progetto, eccetera, senza diritti sociali e sindacati scomodi. Nel nostro paese c’è chi pensa pure di abrogare l’articolo 1 della nostra Costituzione e far passare il messaggio che per essere Nominati non basta essere intelligenti e laureati con il massimo dei voti, ma bisogna anche essere belli e sensuali e allora si avrà la possibilità di diventare ricchi e famosi in poco tempo. I nostri padri costituenti immaginavano il lavoro come un'attività naturale per l'essere umano e come tale una esigenza e una risorsa .
Mentre pensavo a questo immaginavano un paese moderno. In effetti, il concetto di disoccupazione era sconosciuto alle società pre-moderne. Nasce con l'epoca capitalistica, consumistica, che la concepisce prevalentemente in modo "funzionale", in quanto la riferisce a quei lavoratori che, per ragioni indipendenti dalla loro volontà, come l'adozione di nuove tecnologie o le ristrutturazioni aziendali o in alcuni casi quando il costo della manodopera risulta più basso in altri stati e quindi crea problemi di competitività sul mercato costringendo l’azienda al trasferimento di rami dello stabilimento, vengono espulsi dal mondo del lavoro. Tutto nella società moderna è legato alle logiche del mercato e della quotazione in borsa. Ma, i problemi che i lavoratori sollevano quotidianamente non trovano le risposte che meritano. Le ricette economiche messe in campo non reggono. Laddove la società pre-moderna trattava il lavoro come una relazione sociale in cui sfera privata e sfera pubblica si incontravano e si sovrapponevano, esisteva un mondo del lavoro più solidale.
Con la modernità, il consumismo e la globalizzazione, i problemi del lavoro non devono incidere sugli utili dell’azienda. Il primo maggio ricordiamoci che è la festa del lavoro, ma soprattutto è l’occasione per ricordare il valore che i nostri padri costituenti hanno assegnato all’articolo uno della nostra costituzione: “L’Italia è una Repubblica Democratica, fondata sul lavoro”.
Daniele Leone
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