ABRUZZO. Due ricorsi al Tar sulla
soppressione della Guardia medica a Celenza sul Trigno sono stati presentati al
Tar Abruzzo contro la Regione e la Asl di Chieti.
Si tratta dell’iniziativa già preannunciata
dall’amministrazione comunale e dal comitato dei medici del settore, entrambi
assistiti dall’avv. Cristiano Bertoncini del Foro di Vasto.
Nel mirino della protesta portata
all’attenzione dei giudici amministrativi c’è il decreto commissariale di
taglio alle Guardie mediche (la cosiddetta Ca, continuità assistenziale) che
sarebbe stato adottato senza la necessaria istruttoria e senza
l’approfondimento previsto dalle norme quando si va ad incidere sul diritto
costituzionale alla salute (in questo caso nell’Alto Vastese). Che poi è lo
stesso indirizzo di tutti gli altri ricorsi al Tar che hanno visto soccombere
la Regione per alcuni provvedimenti presi senza tener conto della necessità di
attrezzare comunque il territorio quando si decide la soppressione o la
riorganizzazione della rete sanitaria esistente.
Per questo viene intanto chiesta la sospensiva
del decreto commissariale 61 ed della decisione della Asl di Chieti, compreso
il verbale del Comitato dei sindaci che aveva dato l’ok alla “rimodulazione”
delle Guardie mediche.
Dal che era scaturita la
cancellazione delle sedi di Celenza sul Trigno, ma anche di Carunchio,
Dogliola, San Giovanni Lipioni, Torrebruna e Tufillo, accorpando il servizio
nella sede di Palmoli mantenuta attiva. In realtà questa riorganizzazione del
servizio di C.a. è stata decisa applicando “a maglie larghe” le indicazioni
nazionali che stabiliscono un rapporto tra Guardie mediche e popolazione
(rapporto 1 su 5 mila abitanti, mentre in Abruzzo è stato ridotto ad 1 su 3500
abitanti).
Ma, come spesso accade nella
fretta di adottare tagli per ottenere risparmi, la Asl ha chiuso la Guardia
medica – come si legge nel ricorso – ma nella sua delibera ha scritto che
questo taglio era subordinato all’attivazione di un numero telefonico di
emergenza per assicurare l’assistenza. Numero che però non è mai entrato in
funzione. Senza dire che una qualsiasi rimodulazione andava decisa in accordo
con il Piano di emergenza urgenza della Regione, che non è ancora andato a
regime. Per cui «il provvedimento avendo posto alla base un presupposto che
tuttavia non esiste, risulta illegittimo per carenza o errore nei presupposti».
Il ricorso poi evidenzia una serie di errori
(dalle distanze chilometriche indicate ai tempi di percorrenza del tutto
errati, che sono superiori ai 20 minuti previsti dalle norme del soccorso) e di
superficialità – soprattutto del Comitato dei sindaci – visto che non sono
stati valutati altri parametri decisivi che riguardano quel territorio. Contro
questa desertificazione dei servizi sanitari di quella zona, i ricorsi chiedono
che sia ripristinata la garanzia di un servizio assistenziale efficiente.
Sebastiano Calella
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